A neanche un mese dalla sua inaugurazione, il nuovo “esterometro” 2022 (che nonostante le riforme sopravvenute continua ad essere così chiamato dall’Agenzia) ha già sollevato un polverone di dubbi. L’Agenzia ha raccolto i quesiti più significativi posti dalle Associazioni di categoria per fornire diversi chiarimenti nella Circolare n. 26/E, emessa in data 13 luglio. Vediamo i punti salienti.
Ambito di applicazione del nuovo esterometro: un’interpretazione estensiva
Non che ci siano molti dubbi a riguardo: l’intento perseguito ed essenzialmente dichiarato dall’Agenzia è far confluire nel Sistema di Interscambio quante più operazioni possibili.
In tal senso, non dovrebbe stupire più di tanto la conferma che la trasmissione del nuovo esterometro debba avere ad oggetto tutte le operazioni con soggetti esteri, compresi i consumatori privati (naturalmente, a condizione che il corrispettivo dell’operazione sia comunque certificato tramite fattura o altro documento).
Questa estensione soggettiva non si giustifica tanto da un dato prettamente normativo (l’articolo 1, comma 3-bis, del D.Lgs. 127/2015 non contiene indicazioni letterali in tal senso) quanto dalla ratio dell’adempimento in sé, ratio che, se prima risiedeva nel monitoraggio delle operazioni rilevanti ai fini IVA effettuate tra soggetti passivi, oggi si identifica nel monitoraggio di tutte le operazioni con controparte estera.
Al tempo stesso, si evidenzia che il nuovo adempimento si svincola anche dal criterio della rilevanza IVA delle operazioni effettuate. Se quindi l’obbligo di presentazione dei modelli INTRASTAT è previsto per i soggetti passivi IVA italiani che effettuano scambi di beni comunitari e/o di servizi generici con altri soggetti passivi IVA di altri Stati membri, l’obbligo della trasmissione dei dati mediante SdI riguarda tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, senza alcuna limitazione.
Questa estensione oggettiva non è una novità. L’Agenzia si era espressa sul punto già in diverse circostanze: una su tutte la Risposta n. 85 del 27 marzo 2019, sostenendo che ai fini dell’”esterometro” rileva solo la circostanza che il soggetto non sia stabilito in Italia, indipendentemente dalla natura dello stesso: a tal scopo, non è significativo il fatto che l’operazione sia o meno rilevante ai fini IVA nel territorio nazionale.
Resta fermo che, come unica eccezione, solo gli acquisti di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini IVA in Italia di importo inferiore ad euro 5.000 rimangono esclusi dall’obbligo comunicativo.
Regole per l’invio del nuovo esterometro: alcune specifiche
La Circolare si sofferma su indicazioni anche prettamente tecniche per il corretto invio dei dati del nuovo esterometro mediante file XML.
Tra le sottolineature più significative spicca l’indicazione della necessità di compilare un documento che, almeno in relazione ai campi obbligatori quali natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione, sia coerente con quello della fatturazione elettronica via SdI.
L’Agenzia torna poi a parlare del termine di trasmissione. In aggiunta alla previsione normativa in vigore dal 1° luglio, si evidenzia come questo termine sia “mobile”, essendo strettamente connesso a quello di emissione dei documenti che certificano i corrispettivi delle operazioni, oppure, in mancanza di tali documenti per gli acquisti, a quello in cui le operazioni stesse si considerano effettuate
Un’indicazione viene anche data in materia di importazioni/esportazioni. Le Specifiche Tecniche in vigore dal 1° luglio 2022 escludono l’obbligo di comunicazione dei dati delle operazioni passive se è stata emessa una bolletta doganale o ricevuta una fattura elettronica transitata per SDI. L’Agenzia chiarisce che non si tratta di un divieto ma di una “assenza dell’obbligo” di assolvere alla trasmissione dei dati, soprattutto al fine di evitare duplicazioni delle informazioni trasmesse.
Altri passaggi degni di nota sono la conferma che la trasmissione dei dati delle operazioni passive via SdI consente di assolvere agli obblighi di autofatturazione di cui all’art. 17 comma 2 del DPR 633/72 e che il momento di trasmissione dei dati rileva ai soli fini dell’assolvimento del relativo obbligo (e delle correlate sanzioni in caso di inadempimento): di conseguenza, rimangono autonomamente sanzionabili eventuali diverse violazioni degli obblighi di fatturazione, registrazione e liquidazione dell’imposta.
Conservazione dei documenti trasmessi: obblighi e raccomandazioni
In chiusura, l’Agenzia annota alcune precisazioni in materia di conservazione dei documenti trasmessi via SdI ai fini dell’“esterometro”.
Innanzitutto sono confermate le modalità di conservazione previste dall’art. 39 comma 3 del DPR 633/72 per fatture emesse in formato XML trasmesse via SdI. In assenza, invece, di fattura elettronica o bolletta doganale (casi di esclusione dell’obbligo di “esterometro”), si mantiene l’utilizzo del codice convenzionale “XXXXXXX” e codice Paese del cessionario/committente diverso da IT.
Si ricorda che in questo caso il file contenente i dati della fattura non viene recapitato da SdI al cessionario/committente (non si tratta infatti di una fattura elettronica) pertanto trova applicazione l’articolo 39, comma 3, terzo periodo, del decreto IVA.
Viene poi confermato che la fattura originale ricevuta o emessa extra SdI vada conservata: è da escludersi quindi che il file XML trasmesso ai fini dell’”esterometro” sostituisca la fattura dematerializzata ai fini della conservazione elettronica.
Infine, si raccomanda una cauta conservazione dei file XML trasmessi, in quanto questi costituiscono documenti fiscalmente rilevanti ai sensi del D.M. 17 giugno 2014.
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