Il peso degli investimenti ESG è decisivo per le aziende che mirano a qualificarsi come fornitori sostenibili. L’importanza di una catena di approvvigionamento attenta alle esigenze dell’ambiente sta infatti diventando sempre più centrale: secondo uno studio del World Economic Forum, le organizzazioni possono incrementare i ricavi sino al 20% e il valore del loro marchio sino al 30% investendo nel Green Procurement.
Questo significa che le catene di fornitura – con tutti i soggetti che le compongono – sono chiamate a declinarsi verso una crescente sostenibilità, nel quadro di un’esigenza che non è più puntuale, ma di vero ecosistema. Eppure, diventare un supplier davvero sostenibile non è un passaggio semplice: le buone intenzioni, in questo senso, non bastano.
Il peso della sostenibilità per gli stakeholder e il mercato
Il quadro vede numerosi attori in causa. Le aziende di tutto il mondo si trovano oggi sotto il fuoco incrociato di una combinazione di pressioni: da un lato le prescrizioni normative e le richieste degli stakeholder, dall’altro le ambizioni dei consumatori. Uno degli esempi più eclatanti risiede nella propensione al consumo della Generazione X, i nati tra la metà degli anni ’60 e la metà degli anni ’70, considerata in assoluto una delle generazioni più influenti sui modelli di acquisto. Secondo uno studio di First Insight e Baker Retailing Center della Wharton School dell’Università della Pennsylvania, tre quarti dei consumatori della Generazione Z dichiarano:
che per loro la sostenibilità è più importante del marchio quando prendono decisioni di acquisto, mentre la spesa per marchi e prodotti sostenibili è aumentata del 24% dal 2019 al 2022. E il comportamento di altri gruppi generazionali ha seguito una tendenza simile.
Il rischio di una strategia green “di facciata”
Indagini come questa, i cui risultati sono avvalorati da numerose analoghe ricerche, inducono un primo senso di coinvolgimento nelle aziende verso questi temi. Ma spesso il risultato è la messa a terra di qualche sporadica ed estemporanea iniziativa di sostenibilità o in una strategia di green marketing che aiuti a “spingere” sul tasto Environment agli occhi del mercato.
Niente di più inutile, spesso dannoso. Perché a pagarne le conseguenze sono, in primis, i protagonisti della mossa, che in assenza di un piano strutturale perdono credibilità agli occhi degli investitori, ma anche l’intera catena di fornitura cui questi soggetti appartengono, in quanto tasselli di un puzzle che si sostanzia grazie soprattutto all’impegno di tutte le parti.
Creare una supply chain sostenibile: un impegno di tutti
La creazione di una supply chain sostenibile passa inevitabilmente per l’accreditamento di tutti i suoi elementi come tali. L’unico modo per conquistarsi a buon diritto il titolo di “fornitore sostenibile” è mettere in atto una strategia sistemica che tenga conto delle necessarie best practise di base per la riduzione dell’impatto ambientale ma anche delle variabili che vengono messe al centro delle strategie di creazione di catene di fornitura sostenibili. Conoscere i parametri in base ai quali un’organizzazione valuta i propri supplier come più o meno sostenibili, nell’ambito di una performance di filiera che mira a specifici target, è infatti cruciale per orientare la ridefinizione della propria impresa in senso green.
In questo quadro, in generale, è l’azienda che ha maggiore influenza sulla supply chain a stabilire le priorità che tutte devono perseguire insieme, sia in termini di questioni lavorative, come la qualità della vita o i salari, sia a livello di questioni ambientali, ad esempio il consumo di acqua o le emissioni di gas serra. Stabilite queste, l’azienda principale ha il dovere di impegnarsi costantemente per garantire che i suoi partner di catena rispettino i valori di riferimento e adottino best practise su base continuativa.
Gli investimenti ESG per diventare fornitori sostenibili
Vediamo dunque nel dettaglio in che modo, e con quali investimenti ESG, un’azienda può diventare davvero sostenibile.
Il primo passo, come già detto è l’attuazione di pratiche di base per la riduzione dell’impatto ambientale dell’azienda:
Tutto questo, però, non basta. Su questa base vanno costruite pratiche virtuose che consentano all’azienda di accreditarsi concretamente come sostenibile in un’ottica di filiera, specialmente nella valutazione delle emissioni Scope3 da parte dell’organizzazione a capo della “chain”. Serve, in sostanza, conquistarsi il titolo di “fornitore sostenibile” con investimenti ESG specifici.
Ecco, ad esempio, come:
- VALUTARSI / Porre la lente sul proprio impatto ambientale con l’Analisi del Ciclo di Vita (LCA) e la valutazione delle emissioni di carbonio (carbon footprint), per quantificare la propria “impronta” sul pianeta e identificare i punti critici
- MIGLIORARSI / Sfruttare le valutazioni ambientali come basi per un vero percorso di sostenibilità, andando ad agire sulle possibili aree di miglioramento
- COINVOLGERE / Coinvolgere personale, stakeholder e clienti nel percorso intrapreso, promuovendo l’awareness sul tema e allineando tutte le parti interessate alla strategia ESG
- COMUNICARE / Essere trasparenti: le azioni di sostenibilità vanno comunicate all’esterno con onestà, correttezza e completezza. Puntare l’attenzione sugli sforzi intrapresi e i target raggiunti, senza scordare gli impegni ancora sul tavolo.
Fornitori sostenibili: che cosa cercano le aziende?
Ogni azienda alla ricerca di un fornitore sostenibile metterà al centro delle sue valutazioni proprio il risultato di tutte queste azioni. Soddisfare tutte le sue richieste sul fronte “green” deve quindi essere il primo pensiero di ogni fornitore: ecco come prepararsi.
L’importanza di un consulente qualificato
Per un’impresa impegnata sul fronte ESG la scelta di un fornitore sostenibile e affidabile è cruciale. L’impegno che il mercato e gli stakeholder le richiedono è importante e si estende a 360 gradi sul suo ecosistema: ecco perché i supplier non possono venire meno a questo sforzo. Qualificarsi come fornitori sostenibili richiede altrettanta cura, ma soprattutto costanza e serietà: affidarsi a un buon consulente in grado di guidare il percorso di sostenibilità, dirottandolo verso le direzioni più profittevoli, è senza dubbio la scelta strategica più lungimirante per evitare rischi, errori, sprechi di tempo e denaro e frustranti fallimenti che possono costare molto cari.
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