Il 16 dicembre 2022 è stato pubblicato nel “Gazzettino Ufficiale dell’Unione Europea” il testo della nuova Direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità, la Direttiva 2022/2464, anche nota come ”Corporate Sustainability Reporting Directive”, a seguito dell’approvazione da parte del Parlamento e del Consiglio Europeo di pochi giorni prima. La Direttiva è entrata ufficialmente in vigore il 5 gennaio 2023, ed è già applicabile sugli esercizi finanziari relativi al 2024 per le aziende di interesse pubblico con più di 500 dipendenti e già soggette alla Direttiva 2013/34 UE, la “Non-Financial Directive”.
- CSRD: cosa prevede e quali obblighi per le imprese
- Recepimento CSRD: le proposte dell’Italia
- Estensione del numero di revisori
- Scelta del sistema sanzionatorio
- Informazioni da rendicontare
CSRD: cosa prevede e quali obblighi per le imprese
La CSRD introduce obblighi di trasparenza dettagliati sulle imprese: impatto sull’ambiente, rispetto dei diritti umani e degli standard sociali, tutto in linea con gli ambiziosi obiettivi climatici dell’Unione. Le aziende saranno pertanto soggette a rigorosi controlli e certificazioni indipendenti, a garanzia dell’affidabilità nei dati forniti. La dichiarazione sulla sostenibilità diventerà un pilastro, equiparata a quella finanziaria, per offrire agli investitori dati comparabili e attendibili.
La vera innovazione è nella coerenza tra informazioni finanziarie e non finanziarie. Questo consentirà alle organizzazioni di intensificare il proprio coinvolgimento, monitorare KPI e fissare obiettivi ambiziosi per ridurre gli impatti. È un passo concreto verso un futuro aziendale trasparente e in linea agli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Le regole inizieranno ad essere applicate in misura graduale tra il 2024 e il 2028:
- dal 1° gennaio 2024 per le grandi imprese di interesse pubblico (con più di 500 dipendenti) già soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria, con pubblicazione dei dati nel 2025 sull’anno di rendicontazione 2024;
- dal1° gennaio 2025 per le grandi imprese non ancora soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria (con più di 250 dipendenti e/o 50 milioni di euro di fatturato e/o 25 milioni di euro di attività totali), con pubblicazione nel 2026 sull’anno di rendicontazione 2025;
- dal 1° gennaio 2026 per le PMI e le altre imprese quotate, con pubblicazione nel 2027 sull’anno di rendicontazione 2026. Le PMI possono non applicare la nuova normativa per due anni (ovvero fino al 1° gennaio 2028), salva la necessità di spiegare perché l’impresa ha deciso di avvalersi di tale opzione.
- dal 1° gennaio 2028 per le società non UE con almeno una filiale o una succursale nell’UE e con un fatturato consolidato UE superiore a 150 milioni di euro, dovranno pubblicare il primo report nel 2029 relativo all’anno di rendicontazione 2028.
Recepimento CSRD Italia: le proposte
L’Articolo 5 della CSRD fissa termine di recepimento della nuova Direttiva a 18 mesi: gli Stati Membri hanno quindi tempo fino al 5 luglio per incorporarla all’interno degli ordinamenti nazionali. Per quanto riguarda il recepimento della CSRD da parte dell’Italia, il 16 febbraio 2024 è stata pubblicata la bozza del decreto attuativo, elaborata dal Dipartimento del Tesoro e dalla Ragioneria Generale dello Stato, ed è stata messa in pubblica consultazione fino al 18 marzo 2024.
Una serie di tematiche affrontate nel documento per la consultazione pubblica hanno portato le principali Associazioni d’impresa a esporsi, esprimendo i loro suggerimenti sia singolarmente con position paper, sia in maniera unitaria con una lettera congiunta.
Estensione del numero di revisori
Uno dei temi più dibattuti riguarda la scelta di non estendere la facoltà di fornire servizi di assurance anche ai prestatori indipendenti di servizi di attestazione.
La stessa Commissione Europea, nel testo della Direttiva 2022/2464, auspicava che gli Stati Membri si adempiessero a “offrire alle imprese la possibilità di attingere a una più vasta gamma di prestatori indipendenti di servizi di attestazione della conformità della rendicontazione di sostenibilità”. Questo avrebbe concesso la facoltà di far rilasciare l’attestazione sia da professionisti diversi dai revisori legali del bilancio sia da enti di attestazione indipendente, in ottica di un miglioramento “della qualità della revisione” e allo scopo di creare “un mercato della revisione più aperto e diversificato, (..) considerato presupposto necessario per la corretta applicazione della Direttiva.
La Francia (primo Stato membro a recepire la Direttiva nel suo ordinamento) ha fin da subito accolto questa opzione, estendendo la facoltà sia a revisori autorizzati sia a organismi terzi accreditati e supervisionati dal controllo dell’“Haute Autorité de l’Audit”.
L’Italia invece non ha fatto la stessa scelta, limitandosi a impegnare la CONSOB e il MEF a “realizzare uno studio congiunto, entro tre anni dall’entrata in vigore del decreto delegato, per verificare la dimensione del fenomeno e, in particolare, l’effettiva capacità del mercato di assorbire l’aumento dei soggetti obbligati all’assurance della rendicontazione di sostenibilità, nonché gli oneri e i benefici che deriverebbero dall’eventuale introduzione della figura dei prestatori indipendenti di servizi di attestazione”.
Confindustria ha espresso il suo disaccordo sulla scelta del governo, evidenziando il rischio di andare incontro ad un innalzamento dei tempi necessari per la revisione dei documenti, vista la crescita di domanda resa necessaria dall’entrata in vigore della CSRD in Italia.
Secondo Confindustria, inoltre, la scelta fatta non è condivisibile anche alla luce del fatto che gli organismi di certificazione “hanno maturato esperienza in questo campo”, operando con schemi come gli “Emission Trading System” che, per alcune disposizioni, sono accumunabili alla CSRD.
Scelta del sistema sanzionatorio
Un altro tema di interesse per le associazioni d’impresa è stato il sistema sanzionatorio enunciato nel decreto di recepimento. Assirevi, Assonime, Confindustria, Abi, Ania, e il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nella loro lettera congiunta al MEF, ne hanno suggerito infatti un riproporzionamento in quanto definito troppo simile a quello in essere per i bilanci finanziari. In particolare, il decreto prevede che le violazioni siano punite in base alle norme sulle false comunicazioni sociali, in gran parte di natura penale, (Art 2621-2622 del Codice Civile) e con le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalle norme sul mancato deposito presso il Registro delle imprese.
Come nella scelta dei revisori, anche in merito al sistema sanzionatorio la Direttiva aveva lasciato la facoltà agli Stati Membri di scegliere il sistema sanzionatorio ritenuto più adatto. I principali Paesi dell’Unione Europea hanno optato per un sistema meno severo di quello italiano, e ciò ha destato le preoccupazioni delle Associazioni d’impresa. Infatti, ciò rischia di “penalizzare la competitività del sistema italiano e incentivare il già preoccupante fenomeno del trasferimento della sede sociale in paesi europei caratterizzati da sistemi di vigilanza e di enforcement meno afflittivi”.
Assonime, l’Associazione per le società per azioni italiane, ha suggerito a riguardo l’introduzione di un sistema speciale di sanzioni amministrative, più graduate e maggiormente idonee a soddisfare le esigenze di protezione dei destinatari delle informazioni.
Informazioni da rendicontare
Entrambe le discussioni afferiscono ad un fatto comune: il doversi rapportare con informazioni, quelle relative a temi di sostenibilità, che sono per natura propria differenti da quelle riportate all’interno dei bilanci contabili. La lettera congiunta si sofferma su questo punto, sottolineando come i bilanci di sostenibilità contengano non solo informazioni di natura storica, ma anche di natura prospettica; e che essi non siano riferiti unicamente al gruppo societario, ma coinvolgano anche la catena del valore, da cui è più oneroso reperire (e controllare) le informazioni. Inoltre, gli standard ESRS sono nuovi e non ancora sperimentati, e la doppia materialità, rispetto a quella puramente finanziaria, rende necessaria la rendicontazione di un numero maggiore di informazioni, tale da aumentare notevolmente la responsabilità degli amministratori.
Tutte queste peculiarità richiedono un cambio di approccio da parte degli Stati Membri, che devono essere capaci, al contempo, di mantenere alta la propria competitività: si avranno maggiori informazioni riguardo alla pubblicazione del testo ufficiale del decreto, e si capirà se, e come, verranno implementati i suggerimenti delle Associazioni d’Impresa.
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