La quarta Missione del PNRR ha 3 macro-obiettivi: il miglioramento dei servizi di istruzione e formazione, l’ampliamento delle competenze e potenziamento delle infrastrutture scolastiche e dei dottorati e il rafforzamento della ricerca e diffusione di modelli innovativi. Ce ne parla Rossella Illiano, Manager di Ayming.
Cosa prevede la Missione 4?
La Missione vuole raggiungere 3 macro-obiettivi principali: il miglioramento dei servizi di istruzione e formazione, dei processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti, l’ampliamento delle competenze e potenziamento delle infrastrutture scolastiche e dei dottorati e, infine, il rafforzamento della ricerca e diffusione di modelli innovativi. Questo ultimo obiettivo punta molto sullo sviluppo di forti sinergie tra università e imprese e sul sostegno dei processi innovativi e di trasferimento tecnologico.
Il perché della scelta di promuovere le sinergie tra il mondo accademico e quello industriale è molto semplice. In Italia, la domanda di innovazione e capitale umano altamente qualificato da parte del mondo delle imprese è scarsa, perché si prediligono specializzazioni nei settori tradizionali e, soprattutto, a causa della struttura stessa del tessuto industriale, composto prevalentemente da PMI, che notoriamente puntano a contenere i costi e non favoriscono una cultura dell’innovazione.
Quali sono le diverse componenti e le misure previste?
La missione si suddivide in due componenti, con un budget totale di 30,88 miliardi di euro. La prima componente si centra sul potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione, dagli asili nido all’Università; mentre la seconda mira a rendere più efficace il livello di collaborazione tra la ricerca pubblica e il mondo imprenditoriale. Anche per queste componenti, un po’ come per tutto il piano, c’è un’attenzione particolare alle disparità regionali e alla riqualificazione delle competenze per favorire l’attuazione della transizione ecologica e digitale.
Quali sono gli investimenti che prevede la Componente1?
Gli investimenti di questa prima componente hanno un focus sugli studenti, dall’infanzia all’università. In particolare, sono previsti piani per asili nido e scuole dell’infanzia, e per l’estensione del tempo pieno fino al potenziamento delle infrastrutture quali mense e palestre.
Prima ci hai parlato di investimenti previsti non solo per gli studenti ma anche per la formazione degli insegnanti, corretto?
Sì, il piano prevede il miglioramento delle competenze del corpo docente in servizio, a partire dai processi di reclutamento e di formazione degli insegnanti e dirigenti in maniera continuativa, anche attraverso percorsi mirati all’introduzione alla didattica digitale integrata.
Cosa prevede questa componente per dare una spinta al miglioramento delle nostre scuole?
Anche per questa componente il tema del digitale la fa da padrone, introducendo il concetto di scuola 4.0, che vuole trasformare gli spazi scolastici rendendoli adattabili, flessibili e digitali, con laboratori tecnologicamente avanzati e un processo di apprendimento orientato al lavoro. Inoltre, nell’ottica di un’infrastruttura generale è previsto un piano di messa in sicurezza e riqualificazione dell’edilizia scolastica.
Quali sono le principali misure previste per la Componente2?
Anzitutto è prevista una riforma a supporto della ricerca e sviluppo, che sarà implementata dal Ministero dell’Università e della Ricerca e dal MiSE, che punta alla semplificazione della gestione dei fondi per la ricerca. La riforma supera l’attuale logica di ridistribuzione delle risorse favorendo un approccio di condivisione. Sarà orientata alla semplificazione della burocrazia nella gestione dei fondi dedicati alle attività di ricerca pubblico-privata, con interventi aggregati e integrati per sostenere l’intera filiera della creazione della conoscenza.
E per quanto riguarda la mobilità dei ricercatori, sono previsti finanziamenti?
Sì, sono previsti investimenti per offrire nuove opportunità ai giovani ricercatori per trattenerli all’interno del sistema economico italiano, sulla falsa riga dei bandi europei ERC, lo European Research Council che sostiene e promuove la ricerca di altissimo livello, finanziando i ricercatori dell’Unione Europea e il programma Marie Curie, che sovvenziona borse di ricerca individuali che mirano a sostenere la formazione alla ricerca e lo sviluppo di carriera dei ricercatori con dottorato di ricerca attraverso la mobilità internazionale.
Cosa sono i partenariati e cosa prevede il Piano Nazionale?
I partenariati sono delle vere e proprie collaborazioni che si possono istaurare tra imprese o tra imprese e centri di ricerca e università, allo scopo di “unire le forze” e dare maggiore impulso alla ricerca. Nel PNRR si stabilisce che il MUR finanzi circa 15 programmi di ricerca e innovazione, realizzati da partenariati allargati a Università, centri di ricerca e imprese, con un investimento medio di circa 100 milioni di euro per programma. Inoltre, verranno potenziate strutture di ricerca su alcune tecnologie abilitanti (KET), creando dei campioni nazionali di ricerca e sviluppo, selezionati con appositi bandi. Il primo verrà emanato entro l’inizio del 2022. La scelta fra le proposte che parteciperanno ai bandi avverrà con modalità analoghe a quelle adottate dall’ European Innovation Council.
Nel nostro Paese serve un “terreno fertile”, potremmo definire con questa espressione gli ecosistemi dell’innovazione?
Si assolutamente. Nel PNRR sono previsti dei finanziamenti per incentivare la creazione di questi ecosistemi. Anche in questo caso, il MUR si incaricherà della costruzione di leader territoriali di R&S. Saranno quindi finanziati quelli che sono stati definiti “campioni territoriali di R&S”, cioè luoghi di contaminazione e collaborazione tra Università, centri di ricerca, società e istituzioni locali che hanno finalità di formazione di alto livello, innovazione e ricerca applicata definite sulla base delle vocazioni territoriali.
Il trasferimento tecnologico: Come viene affrontata questa tematica e quali interventi sono previsti?
In realtà il PNRR prevede diversi interventi a sostegno del processo di innovazione e al trasferimento tecnologico che verranno gestiti dal MISE. Il primo prevede incentivi alla partecipazione delle imprese italiane alle catene strategiche del valore, attraverso il finanziamento di progetti rilevanti per lo sviluppo produttivo e tecnologico del Paese. Il secondo consente di abilitare le sinergie tra livelli di governo e fonti finanziarie diverse al fine di dare continuità a iniziative Europee e Nazionali, realizzate anche attraverso il Fondo per la crescita sostenibile (FCS). In ultimo, saranno finanziati una rete di 60 centri divisi tra Centri di Competenza, Digital Innovation Hub, Punti di Innovazione Digitale, che si caratterizzano per il trasferimento dei risultati della ricerca attraverso servizi più prossimi al mercato.
Quali misure sono previste per le start-up nel Piano Nazionale?
La componente 2, in particolare, prevede il potenziamento delle condizioni di supporto alla ricerca e all’innovazione, attraverso linee di intervento che favoriscano l’apertura delle infrastrutture di ricerca all’utilizzo da parte del mondo produttivo, sviluppando competenze dedicate attraverso dottorati di ricerca, e ponendo sempre attenzione alle tematiche green e del digitale.
Sono stati previsti degli strumenti finanziari a tal proposito?
Sì, ci sono due particolari investimenti previsti. Uno relativo a un fondo per la realizzazione di un sistema integrato di infrastrutture di ricerca e innovazione, e che collega il settore industriale con quello accademico. Il Fondo intende finanziare 30 progetti infrastrutturali con un research manager per ogni infrastruttura. Mentre l’altro, integra le risorse del Fondo Nazionale per l’Innovazione, lo strumento gestito da Cassa Depositi e Prestiti per sostenere lo sviluppo del Venture Capital in Italia, al fine di sostenere 250 piccole e medie imprese innovative con investimenti per 700 milioni di euro.